Lo studio di settore non prova l’evasione fiscale

Come scampare agli studi di settore?

Gli studi di settore non saranno più un criterio certo sulla cui base l’Agenzia delle Entrate potrà emettere la cartella di accertamento fiscale sulla presunzione che lo spostamento dai binari dei parametri di reddito, introdotti con la legge finanziaria del 1996, nasconda evasione fiscale.
Lo dice la Cassazione con le sentenze 26635, 26636, 26637 e 26638 depositate venerdì 18 dicembre 2009 destinate a rimescolare le carte – a favore del contribuente – nella creazione della prova nelle cause giudiziarie con il fisco.

Da adesso in avanti gli studi di settore, anche se scaturiti dalla collaborazione con le categorie interessate, sono da considerarsi solamente “una elaborazione statistica, il cui frutto è una ipotesi probabilistica che, per quanto seriamente approssimata, può solo costituire una presunzione semplice”.

D’ora in poi sono perciò da considerarsi senza valore gli accertamenti fiscali che si basano solamente sulle indicazioni provenienti dagli studi di settore. Anche nelle cause con il fisco la prova si formerà in sede di dibattimento, e il contribuente avrà “la più ampia facoltà di prova” per contestare “l’applicabilità degli standard al caso concreto”.

“Direi che sugli studi di settore cominciano ad arrivare buone notizie – è stato il commento del direttore generale dell’Ascom, Federico Barbierato – perché oltre allo slittamento degli aggiornamenti per talune categorie, arriva adesso la sentenza della Cassazione che fa il paio con una sentenza della commissione tributaria di Milano dei giorni scorsi. Tutte insieme dicono quanto andiamo sostenendo da tempo, ovvero che gli studi di settore sono un parametro che non può, in nessun caso, sostituirsi alla realtà. Per cui: se il contribuente è in linea con lo studio di settore, bene, ma se non è in linea non per questo significa che, automaticamente, debba essere considerato un evasore”.

“Certo la sentenza che arriva dalle Sezioni Unite della Cassazione ha un’autorevolezza assoluta e può dare più garanzia al contribuente che vuole avviare un contenzioso anche se il pronunciamento non mi meraviglia, visto che la stessa Agenzia delle Entrate aveva in qualche modo previsto per gli studi di settore quanto stabilito dalla Corte”.

Ma è chiaro che una cosa è aspettarsi autonomamente un adeguamento alla realtà, un’altra cosa è l’obbligo al rispetto di una sentenza emessa della Cassazione!

“E’ evidente che ci sono casi (…) dove oggettive situazione di difficoltà fanno crollare i volumi d’affari. Ben venga dunque la sentenza e ben venga la possibilità di eccepire nei confronti dello studio anche se, lo ribadiamo, noi non siamo per la loro abolizione perché questa ci porterebbe dritti agli accertamenti “ante studi” che nessuno di noi ha mai rimpianto”.

Sarà comunque il caso di non distogliere l’attenzione e non sottovalutare il “pericolo”.

“Ai nostri associati raccomandiamo sempre di documentare le difficoltà. (…) Alla luce della sentenza direi che dobbiamo proseguire su questa strada al fine di rendere sempre più concreto il concetto che ognuno deve pagare il giusto. Il che significa non di meno, ma neanche di più!”

fonte: Gazzettino, 31 dic 2009

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2 pensieri su “Lo studio di settore non prova l’evasione fiscale”

  1. Mi dispiace scriverlo, ma il comportamento che lo Stato ha intrapreso con l’attuazione degli studi di settore lo rende a tutti gli effetti uno “Strozzino legalizzato”, inoltre sempre meno credibile e diffidato dalla gente: è evidente a tutti gli imprenditori che per vari motivi economici, strutturali, temporali, di locazione, concorrenziali ecc., non sempre si riesce ad ottenere lo stesso guadagno annuale; questa è la realtà di cui lo “studio di settore non ne tiene conto” (ricordo che lo studio di settore viene calcolato con impostazione di “parametri standard virtuali fissi” i quali non potranno mai rispecchiare la realtà dei fatti)…e di conseguenza il “Virtuale” non sarà mai “Reale”.
    E’ proprio per questo motivo che lo stato pretende entrate con metodi di “strozzinaggio legalizzato”; e mi dispiace ripeterlo, ma lo rende ancora più “mafioso” di quanto lo sia già. Inoltre, pretendendo da un imprenditore più di quanto riesce a guadagnare realmente, lo rende anche un “Ricattatore legalizzato”. E a pagarne le conseguenze, purtroppo è sempre l’imprenditore onesto!!! Si paga già una imposta INPS elevatissima, INAIL, IRPEF, BOLLO AUTO, ASSICURAZIONE AUTO, IMMONDIZIA, COMMERCIALISTA, eventuale AFFITTO o MUTUO, BENZINA carissima, ACQUA, LUCE, GAS, IDRAULICO saltuariamente, ELETTRICISTA saltuariamente, MECCANICO saltuariamente, GOMMISTA salturiamente, CANONE RAI, TELEFONO, INTERNET, ALIMENTI, SPESE VARIE, ecc. e lo stato cosa fà?…Ci “impone” un guadagno minimo al di fuori del quale, siamo ritenuti possibili evasori!!! Non esiste “metodo mafioso” più assurdo degli “studi di settore”, i quali secondo il mio punto di vista sono assolutamente da abolire, perchè sono la causa di chiusura di molte imprese… inoltre non incentiva ne la crescita di un paese, ne la serietà e onestà di uno Stato. Aggiungerei che è proprio lo studio di settore che incentiva la creazione del cosidetto “nero” per chi raggiunge il livello “congruo”…in sintesi ci sono e ci saranno sempre più milioni di euro che gireranno in nero e ci saranno continue chiusure di piccole e medie imprese. QUESTA E’ LA REALTA’ DEI FATTI E NON QUELLA VIRTUALE CREATA DALLO STUDIO DI SETTORE!!! Vorrei aggiungere una nota per i Nostri Politici: L’ITALIA E’ FONDATA SUL LAVORO E NON SULLE SANGUISUGHE! SIAMO NOI CITTADINI ITALIANI CHE VI PAGHIAMO (TROPPO PROFUMATAMENTE), MA SIETE VOI POLITICI CHE SPERPERATE MALE I NOSTRI SOLDI PUBBLICI. SIETE VOI POLITICI CHE DOVETE ESSERE SOTTOPOSTI AGLI STUDI DI SETTORE…NON NOI IMPRENDITORI !!!

  2. Aumentano i ricorsi vinti contro gli studi di settore.
    Artigiani e commercianti dichiarano meno dei limiti prestabiliti e spesso convincono le commissioni tributarie: «Colpa della crisi»

    Gerico calcola, Gerico analizza, Gerico indicizza. E non sbaglia quasi mai. Il potentissimo software messo a punto dall’Agenzia delle entrate per verificare l’esatta corrispondenza tra le dichiarazioni dei redditi dei lavoratori autonomi e gli oltre duecento modelli di studio di settore costruiti negli anni dal Ministero delle Finanze ultimamente ha perso qualche colpo. Il programma non tiene evdientemente in conto fino in fondo degli effetti devastanti della crisi nella nostra regione visto che ultimamente i commercianti e gli artigiani che hanno fatto ricorso alle Commissioni tributarie provinciali per contestare gli accertamenti dell’Agenzia dell’entrate hanno aumentato sensibilmente le loro probabilità di vittoria. Negli ultimi tre anni, anche se nel 2009 il software – il cui nome non ha nulla di biblico visto che è banalmente l’acronimo di GEstione di RIcavi e COmpensi – è stato accuratamente tarato per tenere conto dell’impatto della crisi economica sul territorio nazionale, le sentenze favorevoli ai contribuenti veneti sono passate dalle circa milleottocento del 2008 a alle oltre duemiladuecento del 2010.

    Gerico d’altra parte non può calcolare anche gli imprevisti umani. Due esempi recenti riguardano un’artigiana del Trevigiano che in seguito all’apertura di un concorrente tra i negozi del Valecenter di Marcon ha visto i suoi incassi precipitare al di sotto dell’asticella degli studi di settore o di un commerciante del Padovano che in seguito a un incidente stradale ha dovuto fermare i lavori (e rinunciare ai guadagni) per quasi sei mesi. Ma se questi sono eventi isolati, non è così per migliaia di altri casi che arrivano puntualmente alle Commissioni tributarie provinciali del Veneto. I giudici tributari infatti sono costretti a fare i conti con la situazione del tessuto produttivo regionale più sofferente rispetto ad altre realtà. La percentuale di vittoria dello Stato nei confronti di artigiani, commercianti, piccole imprese in Italia è rimasta sostanzialmente invariata negli anni (40% circa per l’Agenzia e 35% circa per il contribuente), segno che gli studi di settore sono adeguati come adeguata è la revisione de parametri di calcolo. Diversa però è la questione veneta visto che la nostra Agenzia delle Entrate ha assistito a un calo delle sentenze a suo favore. In percentuale le vittorie dei contribuenti sono passate dal 27% del 2008, al 30% del 2009 e al 32% del 2010. Per quanto i fattori siano molteplici comunque è evidente che sempre più lavoratori autonomi fanno fatica a rispettare i tetti imposti visto che quelli calcolati per la nostra regione – come è ovvio che sia dato la maggior ricchezza circolante rispetto ad altre aree – tendono a essere più alti. La distanza tra gli studi di settore e i reali introiti dei lavoratori autonomi veneti è visibile anche dall’aumento dei ricorsi al secondo grado della magistratura tributaria.

    I tentativi di ribaltare la sentenza di primo grado (o di rinviare ancora di qualche anno l’obbligo di pagamento) sono passati dai circa millecinquecento del 2008 ai quasi duemila del 2010. Nel caso del secondo grado però va sottolineato che le vittorie dei contribuenti non sono affatto aumentate negli anni. Le evasioni accertate dall’Agenzia (e confermate dalle Commissioni provinciali) dunque sono reali tanto che l’imponibile recuperato dal secondo grado della magistratura tributaria è passato in soli tre anni da 150 milioni di euro a più di 300 milioni di euro. Con la crisi infatti l’evasione non è diminuita: anche a fronte di una diminuzione delle sentenze favorevoli all’Agenzia delle entrate il recupero fiscale è rimasto sotanzialmente vicino ai seicento milioni di euro all’anno. Anche sul fronte delle sentenze parzialmente favorevoli (cioéèquelle che accertano un’evasione ma che la ridimensionano rispetto all’ipotesi dell’Agenzia delle entrate a fronte degli Studi di settore) si assiste a un aumento notevole. Le seicento sentenze emesse nel 2008 sono diventate ottocento nel 2010, come se crisi tendesse a «sporcare» i bilanci delle piccole aziende e degli artigiani. La litigiosità tra Fisco e contribuenti comunque è destinata a diminuire già da quest’anno. Il 1 aprile scadrà la sanatoria che ha permesso di chiudere tutte le pratiche del 2011 al di sotto dei ventimila euro e dal 2 aprile cambierà il regime dei ricorsi. Per contestazioni relative a importi inferiori ai ventimila euro infatti non sarà più necessario rivolgersi ai giudici delle commissioni tributarie e basterà semplicemente chiarire la posizione con l’Agenzia dell’entrate. Chi si vedrà aprire un centro commerciale davanti al proprio negozio o chi non riuscirà a rispettare il tetto dello studio di settore relativo a causa di imprevisti potrà comunicarlo direttamente al Fisco. E il processo si chiuderà ancora prima di iniziare.

    fonte http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/economia/2012/8-marzo-2012/aumentano-ricorsi-vinti-contro-studi-settore-2003594425028.shtml

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