La molecola salvavita che sconfigge l’ictus

Ogni ora un ictus cerebrale in meno, ogni giorno 25, ogni anno novemila in meno solo in Italia, nel mondo oltre un milione. Questo il risparmio in vite salvate, in corpi paralizzati a metà per sempre evitati e relativi costi medici e sociali che porterà un farmaco, dabigatran etexilato il nome scientifico, i cui risultati sperimentali sono stati annunciati ieri al Congresso Europeo di Cardiologia (ESC) in corso a Barcellona. Il farmaco agisce su cardiopatici colpiti da fibrillazione atriale e che sono per questo ad alto rischio di ictus. “Si tratta di una molecola destinata a cambiare radicalmente la prevenzione dell’ictus nei pazienti con fibrillazione atriale – afferma Roberto Ferrari, presidente dell’ESC – un problema che hanno 500.000 persone in Italia, cui si aggiungono 60.000 nuovi casi all’anno”.

La ricerca (nome in codice RE-LY, pubblicata in contemporanea sul New England Journal of Medicine), la più ampia in questo campo, ha coinvolto 18.113 pazienti in 44 paesi, Italia compresa (con 274 pazienti seguiti da 18 centri), confrontando la nuova molecola con la cura standard, in uso da circa 50 anni. Rispetto alla vecchia terapia, la nuova ha ridotto i casi di ictus 34% e del rischio di morte del 12%. La fibrillazione atriale è il più comune disturbo del ritmo cardiaco. E’, in pratica, la paralisi dell’atrio, la cavità del cuore posta sopra il ventricolo dove riversa il sangue che gli arriva dal corpo. Questo ristagno dell’atrio forma spesso dei piccoli coaguli che, entrando in circolo, vanno a chiudere piccole arterie. Quando il “tappo” si ferma nel cervello è l’ictus. che nei soggetti con fibrillazione atriale è 7 volte più frequente che nel resto della popolazione.

La strategia preventiva sinora è stata quella di somministrare costantemente e per tutta la vita farmaci che diminuiscono la capacità del sangue di coagulare, riducendo così la probabilità che si formino “tappi” nell’atrio fermo e poi se ne vadano nel cervello. Le vecchie terapie funzionano ma a un prezzo alto per il paziente. Il rischio di ictus si riduce di ben il 65%, in cambio il paziente deve fare, all’inizio della cura, un esame del sangue ogni pochi giorni e poi uno ogni tre settimane per stabilire prima e controllare poi che il potere di coagulazione sia ridotto entro certi limiti, ma non oltre, altrimenti si rischiamo emorragie interne, anche fatali. Il paziente inoltre deve evitare attività a rischio traumi, sempre per il rischio di emorragie interne, modificare la sua alimentazione perché molti cibi comuni interferiscono con il trattamento e a volte anche le cure per altre patologie per interferenze coi relativi farmaci. Tra analisi del sangue e cure delle complicazioni ogni paziente costa 3 mila euro l’anno. La nuova cura invece, oltre a ridurre ulteriormente il rischio, non richiede nulla di ciò: dosi fisse, due pillole al giorno, e non vi è bisogno di controlli ne interferisce con farmaci ed alimenti. Il dabigatran etexilato è già disponibile in tutta Europa dall’inizio del 2008 in seguito alle ricerche che ne dimostrarono l’efficacia contro la tromboflebite venosa. Bisognerà attendere i primi mesi del prossimo anno per l’autorizzazione al nuovo uso.

fonte: Repubblica

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