Archivi categoria: Ecologia

Ecologia, energia, risparmio energetico, …

Cenere alla cenere, polvere alla plastica

Il bruco che digerisce e distrugge la plastica

(aggiornamento di agosto 2017)
La larva della farfalla Galleria mellonella, la comune camola del miele, è in grado di degradare il polietilene, il più diffuso tipo di plastica e anche uno dei più difficili da smaltire. Per digerire la cera d’api di cui si nutre normalmente, l’insetto ha infatti evoluto la capacità di rompere legami chimici simili a quelli presenti nel polietilene.

Un bruco piuttosto comune è in grado di biodegradare il polietilene, o PE, una delle plastiche più resistenti e più diffuse. La scoperta – che potrebbe contribuire significativamente a risolvere problema dello smaltimento della plastica – è di un gruppo di ricercatori dell’Università della Cantabria a Santander, in Spagna, e dell’Università di Cambridge, in Gran Bretagna, che firmano un articolo su “Current Biology”.

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Il solare è veramente green?

Dopo la chimera della vernice fotovoltaica, sfumata presumibilmente in “niente”, mi pareva giusto citare anche questo articolo apparso su Venerdì, che parla a modo suo del gran giro di soldi attorno ai pannelli solari di bassa qualità, e delle loro presunte mancanze in ambito ecologico…

Prendere un mito dei nostri tempi, passatelo al setaccio di una mente preparata: un giovane cervello italiano all’estero.
Il mito ne uscirà sfrondato degli allori, acciaccato e con qualche macchia.
Un’operazione verità, insomma: dolorosa, ma opportuna.

La guerra del clima. Geopolitica delle energie rinnovabili“La retorica fa danni. E di retorica sulle energie rinnovabili se ne fa troppa” dice Stefano Casertano, docente di Politica internazionale all’Università di Postdam ed ex responsabile, a 31 anni, dei progetti di riorganizzazione dei negoziati internazionali dell’Eni.

Al grido di “non tutto ciò che è rinnovabile è verde”, Casertano ha dato alle stampe La guerra del clima – geopolitica delle energie rinnovabili, dove mette in guardia tra l’altro sui rischi connessi a migliaia di pannelli solari installati in Italia negli ultimi anni.
Gli anni del boom prima dei tagli recenti, ma anche quelli in cui la generosità degli incentivi pubblici ha fatto la fortuna degli ‘sviluppatori’, gli intermediari a caccia di terreni per gli impianti, che guadagnano in percentuale ai watt installati.

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L’alga del vicino è più verde

Come si diceva già nel 2008, il biodiesel verrà dalle alghe!

In Spagna, ad Alicante, riescono a estrarre 250 tonnellate di bio-carburante da appena un ettaro di alghe (vegetazione marina). E’ l’impianto più grande del mondo. Il presidente è un ex politico italiano…

Che in Italia un politico si ritiri nel pieno della carriera, è già un evento raro. Che poi si metta in gioco in un’avventura imprenditoriale privata, rischiosa e innovativa, è più unico che raro. Ma non solo per questo fa notizia la scelta di Willer Bordon, 30 anni in Parlamentom già ministro dei Lavori pubblici e dell’Ambiente.

“Dopo aver avuto la preveggenza di lasciare la politica nel 2008, prima che il discredito la travolgesse, con un gruppo di amici ho fondato Enalg, investendo una decina di milioni in Bfs, una società creata da Bernard Stroiazzo-Mougin per ricavare bio-combustibili dalle alghe, con un metodo inventato da lui e da ricercatori spagnoli”

Mossa audace, visto che questo settore della green economy più che biofuel, per ora, ha prodotto spese e fallimenti.
La Enalg-Bfs invece ha già aperto ad Alicante, in Spagna, un impianto pilota che produce “olio di alghe” e sottoprodotti pregiati, come acidi grassi omega.

In 48 cilindri trasparenti alti 8 metri e illuminati dal sole, un mix di varie specie di alghe, trasforma la CO2 proveniente da un cemetificio in sostanza organica ricca di grassi.
Ogni giorno, per tutto l’anno, si raccoglie un decimmo delle alghe, che vengono trattate, per ricavarne una mistura di oli e altri prodotti.

In 24 ore, le alghe hanno già riempito il vuoto, pronte per un nuovo raccolto, raggiungendo rendimenti di 250 tonnellate di olio per ettaro all’anno, contro la tonnellata scarsa di un ettaro di colza.

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Raccolta differenziata: conviene

raccolta differenziata

Io odio la gente che non fa la differenziata!

Ma è davvero così faticoso perdere 1 minuto del proprio tempo per separare i rifiuti come si deve?
Tempo fa avevo già buttato lì un’idea su come incentivare la raccolta differenziata.

Io vivo in un piccolo paese – che secondo la recente bozza di manovra finanziaria dovrebbe fare una brutta fine perchè è un comune sotto i 1000 abitanti – dove non si fa la raccolta dei rifiuti porta-a-porta ma esistono ancora i cassonetti.
Non sono effettivamente tantissimi anni che abbiamo i cassonetti differenziati: fino all’avvento dei cassonetti per i rifiuti differenziati avevamo solamente grandi cataste di cassonetti verde scuro, dove chiunque poteva buttare dentro qualunque cosa.
Poi un giorno ci siamo trovati le campane del vetro e i bidoni per il vetro e quelli per l’umido.

Io personalmente cerco di essere diligente, e pulisco i contenitori di vetro prima di buttarli, e schiaccio le lattine e le bottiglie di plastica prima di buttarle, e lego il sacchetto dell’umido con un pezzetto di corda (biodegradabile), e tolgo anche i tappi di plastica dai tetrapak del latte per separarli, e a volte stacco anche l’etichetta di carta dalle bottiglie per metterla al posto giusto (datemi del pazzo metodico!).

Però ogni volta che vado a portare il mio sacchettino di umido, o il mio bidone di lattine e bottiglie, e vedo quello che butta l’altra gente mi viene lo schifo!

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L’etanolo nella motorizzazione non è la soluzione ambientale

Un gruppo di ricercatori della Thayer School of Engineering at Dartmouth e della società Mascoma Corporation di Lebanon, nel New Hampshire, ha scoperto un nuovo metodo che permette di produrre grandi quantità di etanolo cellulosico, uno dei maggiori candidati a costituire un’alternativa sicura e sostenibile ai combustibili derivati dal petrolio per il traffico veicolare.

Per la prima volta, il gruppo ha modificato con tecniche di ingegneria genetica un batterio termofilico – cioè in grado di crescere in condizioni di alta temperatura – in modo che tale organismo produca etanolo come unico prodotto di processi fermentativi.

“La nostra scoperta rappresenta una possibile strada per facilitare la conversione di biomasse cellulosiche inedibili, comprese quelle costituite da legno, erba e altri materiali di scarto, in etanolo”, ha spiegato Lee Lynd, docente di progettazione ambientale della Thayer School che ha sviluppato la metodica e ha firmato un articolo sulla rivista “Proceedings of the National Academy of Science”.

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