A favore del nucleare!

Mario Giuliacci: il nucleare contro l’effetto serra
Il forte riscaldamento produrrà eventi climatici sempre più catastrofici. La risposta efficace all’effetto serra può arrivare dal nucleare, mentre le energie rinnovabili sono ancora poche e inefficienti. Si preannuncia una torrida estate

Colonnello Giuliacci l’Italia e il bacino del Mediterraneo sono a rischio desertificazione? E’ la tesi del rapporto Peseta realizzato dalla Commissione europea.

Le previsione del rapporto va presa molto sul serio, perché è indubbio che il clima della terra sta andando verso un sensibile riscaldamento.

Dobbiamo aspettarci, per il futuro, eventi climatici sempre più estremi?

Purtroppo sì. Mi riferisco, per esempio, all’innalzamento dei mari e degli oceani. Il maggior riscaldamento sta causando lo scioglimento dei ghiacci polari e dei ghiacciai alpini. La crescita del livello delle acque marine, anche per dilatazione da calore, è inevitabile.

In futuro ci saranno sempre più uragani, tempeste e temporali devastanti?

La risposta, ahimè, è ancora affermativa. Questi eventi nascono e si intensificano grazie al calore. Con il riscaldamento c’è molta più energia in gioco in grado da fungere da carburante.

Eventi come Kyrill potrebbero diventare la norma?

Sulle tempeste extratropicali come Kyrill, c’è un testo che le ha contate a partire da 500 anni fa. Ebbene tra le prime dieci, le tre più violenti sono avvenute negli ultimi trent’anni. E le prime due sono proprio Kyrill, che ha colpito l’Europa in questi giorni, e Lothar che si scatenò nel dicembre 1999, devastando la Germania.

Nel Mediterraneo potrebbero svilupparsi uragani come ai tropici?

Assolutamente no. Solo nel mar Ionio le temperature del mare, molto alte in estate-autunno, potrebbero essere in grado di generare un uragano, ma le più fredde acque circostanti taglierebbero le gambe al fenomeno, privandolo di tutta la sua potenza distruttiva e quindi impedendogli in tal modo di propagarsi alle aree limitrofe.

Il nostro paese negli ultimi anni è stato sempre più colpito da eventi siccitosi. Perché?

Il surplus di calore sta inceppando i meccanismi che regolano la circolazione generale dell’atmosfera. Piove di meno perché l’anticiclone delle Azzorre, che di solito arrivava sulle nostre regioni d’estate, è presente sopratutto in autunno e in inverno. Ciò blocca l’arrivo dall’Atlantico del freddo e delle piogge. Al contrario in estate scompare per lasciare il posto a un altro anticiclone, quello africano, responsabile delle ondate di caldo. Un tempo tutto questo era eccezione, oggi è la regola.

Il servizio meteorologico inglese, il Met Office, prevede che il 2007 sarà un anno caldissimo, sopratutto l’estate. C’è da fidarsi?

Probabilmente sì. Perché quest’anno, oltre la riscaldamento del pianeta, si è verificato il fenomeno dell’El Niño, un anomalo riscaldamento delle acque del Pacifico equatoriale, che surriscalda un’area pari a circa un settimo del pianeta. Difficile che ciò non abbia ripercussioni sull’andamento delle stagioni anche alle nostre latitudini.

Un’estate simile a quella terribile del 2003?

Recentemente tutte le estati torride in Italia si sono avute successivamente al verificarsi dell’El Niño. Oltre a quella del 2003, possono ricordare quella del 1998. Sul tema, nel prossimo numero di Newton sarà pubblicato un articolo di Andrea e Mario Giuliacci in cui si paventa la possibilità che ci possa essere un’estate molto simile a quella di quattro anni fa, appunto perché quest’anno è ritornato il Niño.

La causa del surriscaldamento è delle immissioni dei gas serra derivanti dalle attività umane?

Senza dubbio sì. E sul banco degli imputati non che esserci l’anidride carbonica, la cui presenza in atmosfera è in continua crescita.

Alcuni sostengono che il riscaldamento è un fatto naturale.

E’ una tesi che non condivido e chi la sostiene è, a mio giudizio, uno pseudo scienziato perché il riscaldamento attuale è avvenuto con quasi certezza a causa dell’incremento dell’effetto serra che ha cause antropiche e va affrontato con decisione per evitare il peggio.

Alcuni dicono che la terra ha vissuto periodi più caldi e citano il caso della Groenlandia, un tempo libera dai ghiacci.

è vero. Anche un tempo ha fatto caldo. Però gli analoghi surriscaldamenti avvenuti nel passato per realizzarsi hanno richiesto tempi dell’ordine di 10-100 mila anni. Oggi il surriscaldamento è molto più veloce. La temperatura è aumentata di un grado in appena 100 anni.

Un’altra tesi contro l’effetto serra sostiene che la crescita dell’anidride carbonica non è la causa, ma la conseguenza del surriscaldamento.

E’ falso. Purtroppo anche qui c’è lo zampino degli pseudo scienziati. Questi ritengono che l’anidride carbonica sia rilasciata in atmosfera dai mari e dagli oceani più caldi. In questo modo non è la causa, ma l’effetto del riscaldamento globale.
Ebbene ci sono dati scientifici incontrovertibili che, almeno sul surriscaldamento attuale, dimostrano esattamente il contrario. Negli ultimi 150 anni, prima è aumentata la concentrazione di anidride carbonica e poi la temperatura.
Questa tesi non sono solo io a dirla, ma la quasi totalità degli scienziati che stanno studiando il fenomeno. E’ questa è la posizione dell’Intergovernmental Panel on Climate Change, il comitato formato in sede Onu preposto allo studio dei cambiamenti climatici.

Il film “An inconvenient truth” di Al Gore, sugli effetti del global warming, abbraccia la tesi dell’inceppamento della Corrente del Golfo e del progressivo raffreddamento dell’Europa. Caldo, freddo non c’è della confusione sull’argomento?

No, quella del raffreddamento causato dal blocco della Corrente del Golfo è un ipotesi plausibile. E spiego perché. La Corrente è un nastro trasportatore che porta acqua più calda da sud al nord, lambendo le coste occidentali europee. Nel suo percorso, rilasciando calore, mitiga sensibilmente il continente. Ma lo scioglimento dei ghiacci polari e l’immissione di acqua dolce in Oceano, mutando la salinità, potrebbe bloccare la Corrente. Di conseguenza, l’Europa, non più riscaldata dal nastro, potrebbe andare incontro a un forte periodo di gelo.

Allora il nostro futuro sarà ghiacciato o bollente?

Nessuno può sapere quale strada prenderà la natura, ma entrambe le ipotesi, seppure così differenti, sono in grado di devastare gli equilibri biologici e pure socio- economici delle terra.

Che fare?

Semplice bisogna agire. Ci rimane ancora tempo. La soluzione non è il protocollo di Kyoto, insufficiente, soprattutto alla luce dello sviluppo industriale ed economico di 4,5 miliardi di abitanti dei paesi asiatici.

Le energie rinnovabili posso affrontare il problema?

Queste energie non sono sufficientemente efficaci. Nessuna è in grado sostituire il combustibile fossile. Né il solare, né l’eolico, né le biomasse.
Faccio un esempio. Se in Italia si volesse puntare, con tutti gli sforzi, sulle rinnovabili si potrebbe sopperire, entro 20 anni, al 25% del fabbisogno energetico. E l’altro 75%?
Attualmente c’è una sola energia, abbondante, prodotta a costi ragionevoli e a impatto zero per quanto riguarda le emissioni di gas serra: il nucleare.

Il nucleare spaventa.

Lo so, la gente ha paura, ma dovrebbe fare un esame di coscienza. Per prima cosa perché le attuali centrali sono più sicure e producono una quantità inferiore di scorie. E poi perché il pericolo è solo potenziale. Dopo Chernobyl non ci sono più stati incidenti di rilievo. Lo sa che in Italia ogni anno ci sono 4.000, 5.000 vittime per incidenti stradali? Eppure nessuno si sogna di non usare l’auto.

Ammetterà, però, che il problema della scorie radioattive è serio.

Sicuramente, ma il matrimonio con il nucleare per fissione non sarà eterno. Sarà un passaggio, un periodo di transizione, in attesa che diventi realtà un’altra fonte energetica, il termo-nucleare, un’energia tendenzialmente pulita.

Si riferisce al nucleare per fusione, cioè quella forma di energia in grado di riprodurre la reazione che avviene nel Sole e nelle altre stelle?

Sì. E’ una forma di energia che ha bisogno, come carburante, solo di due elementi che si trovano nell’acqua, il deuterio e il trizio. Produce poche scorie, la cui radioattività si abbatte in periodi di circa 100 anni. Recentemente i paesi maggiormente industrializzati, Usa, Unione europea, Cina e India, hanno sottoscritto un accordo per la costruzione di una centrale termonucleare sperimentale nel sud della Franca, a Cadarache. Il progetto è stato chiamato ITER e prevede la fine dei lavori nel 2015.
Credo che nel giro di 50 anni la fusione possa diventare una realtà in grado di risolvere, definitivamente, la fame di energia dell’uomo, senza modificare i delicati equilibri climatici del pianeta.

fonte:http://notizie.alice.it/storie/mario_giuliacci.html

I nostalgici di Chernobyl

Un convegno promosso da Greenpeace, Legambiente e WWF si è svolto a Roma il 19 aprile nel ventennale della tragedia di Chernobyl per fare il punto sull’energia nucleare e sui suoi costi reali.

Il contributo al fabbisogno energetico mondiale fornito dal nucleare è solo del 6,5% dell’energia primaria ed è destinato a ridursi al 4,5% nel 2030 secondo l’International Energy Agency (IEA).
Il nucleare è la fonte energetica più costosa e con il maggior bisognodi sussidi statali.
Secondo il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti (DOE) il costo di 1 kWh di energia elettrica costa 6,13 cent/$, da gas 4,96 cent/$, da carbone 5,34 cent/$, da fonte eolica 5,05 cent/$. Risultati analoghi sono stati presentati da studi della Chicago University e del Massachusetts Institute of Technology. Queste valutazioni economiche sono sottostimate perché non comprensive dei costi del decommissionamento degli impianti e del trattamento delle scorie di lungo periodo.

Un falso mito sull’energia nucleare è l’abbondanza dell’uranio in natura: un minerale piuttosto diffuso, ma solo in concentrazioni infinitesime, tanto basse da non risultare praticamente sfruttabili. Le riserve di uranio commercialmente estraibili coprono un arco di circa un secolo tenendo costanti i consumi all’anno 2000. Sostituire, per la produzione di elettricità, tutta l’energia fossile con quella nucleare comporta la realizzazione di migliaia di nuove centrali con l’esaurimento delle riserve di uranio in pochi anni.
Infine, neppure il nucleare è esente da emissioni di anidride carbonica, basti considerare l’energia fossile necessaria per costruire la centrale, estrarre, trasportare e arricchire l’uranio, gestire le scorie, smantellare l’impianto a fine vita. Investire nel nucleare significa sprecare risorse pubbliche e private ai danni delle fonti rinnovabili e delle tecnologie per l’efficienza energetica.

Ma qualcuno non smette di pensarci. I nostalgici di Chernobyl non si rassegnano mai. Tra questi l’Enel di Scaroni che con l’acquisizione di Slovenske Elektrarne finalmente rientra nel nucleare con l’accensione del secondo reattore di Mochovce.

Gli austriaci dal 1990 al 2005 hanno sempre cercato di far chiudere il primo reattore e posero persino il veto all’ingresso della Slovacchia nella UE (Mochovce dista 100 km da Vienna).
Il governo Austriaco ha montato decine e decine di pale eoliche sul confine con la Slovacchia ben visibili a occhio nudo da Bratislava anche in segno di protesta.
Propongo al governo italiano di piantare qualche pala eolica davanti alla sede romana dell’Enel, forse non ne hanno mai vista una.

tratto da http://www.beppegrillo.it/2006/04/i_nostalgici_di.html

Veronesi: energia nucleare

Il black-out era vero o era una manovra per spingere l’opinione pubblica a ricredere la scelta antinucleare del 1987?

Caro amico, vorrei proprio che noi italiani la smettessimo di vedere congiure e complotti dietro tutto quello che succede. E chiediamoci piuttosto se quella scelta non sia davvero da rivedere. Prima di tutto, però, bisogna fare un salto indietro di 16 armi, e andare a vedere che cosa successe veramente nel 1987. Ricordiamoci che pochi mesi prima il 26 aprile 1986, c’era stato il disastro di Chernobyl, e che l’opinione pubblica era facilmente influenzabile. Tutto si svolse in un clima politico dominato dall’emotività, e non dalla ragione, e le lobbies del petrolio e del metano ebbero buon gioco a soffiare sui timori dell’uomo della strada e sulla buona fede degli ambientalisti.

Innanzitutto, quella che poi ha continuato a essere chiamata la «Scelta», non fu affatto un referendum pro o contro l’energia nucleare, anche se poi politicamente fu interpretato così. Chi andò a votare, ricorda che il quesito referendario non parlava di nucleare bensì dell’abrogazione «di contributi a favore dei comuni e delle regioni sedi di centrali elettriche alimentate con combustibili diversi dagli idrocarburi». In altre parole, a quei comuni e regioni che avessero centrali elettriche alimentate con energia nucleare. Era un modo come un altro di aggirare una difficoltà giuridica, perché la Costituzione vieta referendum abrogativi su norme comunitarie, e trent’anni prima con il Trattato di Roma, l’Italia aveva assunto l’impegno di sviluppare una «potente industria nucleare». Inutilmente, persone del calibro di Leo Valiani sostennero che si trattava di una scelta che non era opportuno affidare a un referendum, ricordarono le vicinissime centrali nucleari francesi e profetizzarono (come è avvenuto) che la rinuncia ci avrebbe reso poco competitivi economicamente.

Nel febbraio 1987 si tenne la Conferenza nazionale sull’energia. La stragrande maggioranza degli interventi fu a favore del proseguimento del programma nucleare. Vi furono portati anche i motivati pareri favorevoli di tre commissioni nominate dal governo. Una di queste fu presieduta da me, le altre due da Paolo Baffi e da Leopoldo Elia. Io ero stato chiamato a presiedere la commissione di studio su «ambiente e sanità». Dopo la grande crisi energetica del 1973 anche in Italia il problema delle fonti energetiche non poteva più essere ignorato. Il mio gruppo, composto da fisici chimici, medici, avrebbe dovuto valutare l’impatto ambientale delle varie fonti di energia.

Fu un momento per me di grande coinvolgimento intellettuale e morale, anche perché su noi si avvertiva la forte pressione dei gruppi ambientalisti e dei radicali, tutti oppositori del nucleare Io stesso, devo dire, all’epoca ero molto prevenuto sull’atomo. I miei figli giravano con un grosso bottone giallo alla giacca con la scritta «Nucleare? No, grazie», e io non mi discostavo molto da questa linea.

Il lavoro della commissione fu molto intenso; interpellammo, attraverso 150 questionari, esperti e tecnici che con la loro ricerca spaziavano in diverse direzioni dalla fisica alla geologia, dalla medicina all’ingegneria. Man mano che procedevamo nel lavoro, la mia posizione antiatomo vacillava, e alla fine mi trovai convertito alla tesi nucleare. Fu una conversione che poggiava su dati, su fatti. Le centrali termoelettriche (per funzionare bruciano petrolio o carbone) comportano un rischio ambientale di tumore infinitamente superiore alle centrali che usano la fissione atomica. Gli impianti termoelettrici liberano nell’atmosfera grandi quantità di sostanze cancerogene, idrocarburi e nitrosamine, e di polveri anch’esse sospette di avere a lungo andare proprietà oncogene. Dovetti prendere atto che invece la centrale nucleare produce un’energia totalmente pulita: dalla scissione del nucleo si sprigiona un’enorme energia. Non c’è alcuna combustione che libera sostanze cancerogene, non c’è consumo di ossigeno né produzione di quell’anidride carbonica che sta surriscaldando il pianeta. è del tutto ininfluente, in condizioni di normalità, anche la contaminazione radioattiva. Lo smaltimento delle scorie non presenta problemi insormontabili: la quantità di scorie residuate dalla scissione dell’uranio e enormemente inferiore a quella dei combustibili fossili.

In base ai lavori svolti dalla commissione mi sento di poter esorcizzare anche lo spettro di Chernobyl: in un impianto moderno, realizzato con procedure rigorose, anche il rischio di incidente tecnico o di cattivo funzionamento era risultato molto basso. Quando, sempre nel 1987, consegnai al governo il nostro lavoro, in quel momento mi sentii orgoglioso, come quando si è soddisfatti di aver fatto, e bene, il proprio dovere. Ma il governo, come è noto, decise la messa al bando del nucleare. A distanza di sedici anni giudico questa scelta ancora irragionevole. E credo che i tempi per un ripensamento siano ormai maturi. L’uscita dal nucleare ha pesato enormemente sul bilancio dello Stato, contribulto alla crescita del deficit pubblico e ha isolato l’Italia dall’Europa. Hanno fatto la scelta nucleare Germania, Belgio, Spagna, Francia, Finlandia, Olanda, Gran Bretagna, Svezia, Svizzera.

Umberto Veronesi, Tratto dal settimanale “OGGI” (RCS)
C’è in progetto la costruzione di tre centrali a turbogas nel Molise.
Qui siamo preoccupati, perché sappiamo che sono molto inquinanti…
Per rispondere alle vostre preoccupazioni, bisogna partire da due dati di fatto. Il primo è che la civiltà, così come noi la conosciamo, ha bisogno di energia. La seconda è che la maggior parte di energia viene dai giacimenti di idrocarburi, che prima o poi si esauriranno. Ma molto prima di questo momento finale (e già ne avvertiamo le avvisaglie), si creerà una forte tensione internazionale per il possesso delle fonti di energia, o quanto meno per l’accesso a esse, a un costo accessibile. Questi dati compongono il massimo problema mondiale. I Paesi sviluppati (ma anche i Paesi poveri, perché l’effetto di mondializzazione li coinvolge comunque) devono risolvere il problema delle fonti di energia «rinnovabili».L’argomento energia mi è ben noto perché più di 15 anni fa, nel 1986, fui chiamato dal nostro governo a presiedere la commissione di studio «Energia, ambiente e sanità», composta da fisici, geologi, chimici, ingegneri e medici, che doveva valutare l’impatto che il nucleare e le altre fonti di energia avrebbero provocato sul territorio e sulla salute. Per un anno fummo impegnati ad analizzare i pro e i contro delle diverse fonti energetiche e, alla fine, concludemmo che quella prodotta dalla scissione dell’atomo è un’enerzia pulita: non libera nell’atmosfera sostanze cancerotene, né dà luogo a consumo di ossigeno, né produce anidride carbonica che è la causa prima dell’effetto serra. Non produce ossido di azoto e di zolfo che sono la causa delle piogge acide che avvelenano a poco a poco boschi, fiumi, laghi e foreste. Anche il problema delle scorie non presenta difficoltà insormontabili, perché la quantilà residuata è di molto inferiore a quella dei combustibili fossili. Infine, la contaminazione radioattiva è inesistente in condizioni di funzionamento normale. Come è noto, il governo italiano, all’epoca, decise di rinunciare all’uso dell’energia nucleare.A mio giudizio, quella decisione è stata un grande errore, che oggi paghiamo con il ricorso ad altri sistemi, più o meno inquinanti. So benissimo che l’opinione pubblica, non solo in Italia, è contraria all’energia nucleare. Ma lo è su basi emotive e, spesso, prive di una conoscenza approfondita. Anche nel «referendum sul nucleare» del 1987 prevalse l’immagine di possibili disaslri alla Chernobyl, o peggio ancora l’innata sfiducia italiana verso la capacità delle strutture pubbliche di controllare e far funzionare le cose con rigore.

La prova che abbiamo ragionato in modo emozionale è a portata di mano: restiamo fermi nel nostro terrorizzato rifiuto dell’energia nucleare, ma non pensiamo mai che abbiamo poco oltre la nostra frontiera alpina, centrali nucleari francesi (in Alta Savoia) e svizzere che, in caso di disastro, riverserebbero i loro effetti su mezza Italia. Detto quel «no» al nucleare, tutti sono andati metaforicamente in vacanza, dimenticandosi del problema energetico. Ma il problema restava. Con la legge del 9 gennaio 1991, per l’attuazione del Piano energetico nazionale, si cercò di vedere che cosa si poteva fare. Quella legge cita come «fonti rinnovabili o assimilate» il sole, il vento, l’energia idraulica, le risorse geotermiche il moto ondoso e la trasformazione dei rifiuti organici, inorganici e vegetali.
Tra tutte queste possibilità, il sole e il vento sono in testa come «energia pulita» ma queste fonti non sono state sufficientemenle sviluppate, tanto che non concorrono per più del 4 per cento a produrre il fabbisogno di energia, né sarebbero in grado di soddisfare la domanda di un Paese industrializzato come il nostro.
Nelle centrali a turbogas, come in quelle termoelettriche, il processo di combustione determina la produzione di alcuni inquinanti, tra cui, oltre ai cancerogeni chimici, la sottilissima polvere (detta «particolato») che è già presente nello smog urbano e suburbano che insidia i nostri polmoni. Abbiamo visto che il sistema a carbone era deleterio per la salute, ma anche l’inquinamento dovuto agli oli combustibili e ai gas è fonte di malattie.

Secondo me, è molto riduttivo aggirarsi tra i rimedi. Certo, indubbiamente si può risparmiare energia isolando termicamente gli edifici, e si è calcolato che con una buona coibentazione si può risparmiare fino al 20 per cento sull’energia che occorre per il riscaldamento. Certo, si possono usare impianti d’illuminazione (anche per esterni) ad alto rendimento, e si possono installare i nuovi generatoli di calore, anch’essi ad alto rendimento. Ma tutti questi accorgimenti non sono decisivi sul piano economico e, per di più, hanno il limite gravissimo di continuare a impiegare fonti di energia tutt’altro che «pulite».

Dobbiamo sicuramente sviluppare la ricerca sulle energie integrative, ma soprattutto rivedere il nostro punto di vista sul nucleare. Sono d’accordo con il premio Nobel Carlo Rubbia, che è anche commissalio dell’Enea: l’atomo è il futuro, e bisogna fare investimenti e ricerca per arrivare a disporre di centrali nucleari sicure. L’Europa non ha ancora una sua posizione univoca sull’argomento e questo è un male, sia perché così si disperdono le risorse e le intelligenze, sia perché il problema energetico è chiaramente sovrannazionale. Stranamente, si sta andando – almeno in Italia – nella direzione contraria.

Con la nuova autonomia data alle Regioni, ogni governo regionale sta attuando una propria politica energetica (vedi il progetto delle tre centrali a turbogas nel Molise, e altri progetti similari nelle Marche), senza che ci siano delle linee guida nazionali. è un errore, perché scelte strategiche di questo genere, che incidono profondamente sia sullo sviluppo economico, sia sulla salute dei cittadini, devono almeno avere una «cabina di regia» a livello nazionale. Se poi si parla di nucleare, l’Europa ha il dovere di concepire un progetto unitario. Quando accetteremo l’energia nucleare che si presenta ormai sicura, inquinamento ed effetto serra diminuiranno in modo netto. Ma occorre finalmente decidere. Con razionalità e con coraggio.

Umberto Veronesi, Tratto dal settimanale “OGGI” (RCS)
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